«Domani, giovedì 15 dicembre dalle  17.30, i Medici di Famiglia della AslBat aderenti alla Fimmg (Federazione Nazionale Medici Medicina Generale) spegneranno le luci nei loro ambulatori. Un gesto simbolico per denunciare la grave situazione in cui versa la Medicina del territorio nel nostro Paese. Ci sarà solo una candela. Anche come simbolo di speranza».

A parlare è il Dott. Benedetto Delvecchio, segretario provinciale della Fimmg (Federazione Nazionale Medici Medicina Generale) della Provincia Barletta Andria Trani che ha voluto ricordare lo sciopero di giovedì 15 dicembre ma soprattutto le ragioni per cui i medici incroceranno le braccia.

«Assistiamo ad una grave crisi di vocazione di giovani verso la medicina di famiglia – spiega il Dott. Delvecchio – In Italia su 100 medici, 18 sono medici generici e 79 gli specialisti, in casa nostra nel Comune di Spinazzola ad esempio si è dovuto ricorrere all’aumento degli assistiti a carico dei medici di famiglia in servizio per mancanza di medici disponibili a sostituire quelli andati in pensione e difficoltà crescenti si incontrano in altre città del nostro territorio. Nel 2019 in Italia lavoravano 42.428 medici di famiglia. L’anno scorso il dato è sceso a 40.250. Non si è riusciti cioè a sostituire 2.178 professionisti, il 5%. Questo ha fatto sì che appunto circa 2,7 milioni di persone siano rimaste senza dottore e si siano così dovute spostare su un medico diverso.  Nel 2021 hanno lasciato in 3.337 e sono entrati in 973. Nei primi sei mesi di quest’anno, a dimostrazione che la tendenza proseguirà, i due dati sono stati 2.173 e 226 (Dati Agenas).  In Puglia tra il 2018 e il 2022 sono andati in pensione 1140 medici di famiglia. Tra il 2018 e il 2028 saranno 2593».

«Le cause di questo disastro annunciato vanno ricercate in: una politica di programmazione fallimentare che ha precluso la professione ai giovani e non ha previsto il picco pensionistico; sottofinanziamento del corso di specializzazione in medicina generale (è utile ricordare che un medico in formazione è retribuito con meno di ottocento euro mensili); eccesso di burocrazia che asfissia il medico e sottrae tempo alla attività clinica infatti si stima che il 30% della attività è perso nella compilazione di piani terapeutici per farmaci, prescrizioni di materiale protesico, compilazioni di modulistica ad uso assistenziale ed altro; costi che comportano l’apertura degli studi e la loro gestione insieme ai  lunghi tempi necessari a raggiungere uno stato economico decoroso; carichi di lavoro che aumentano con il progressivo invecchiamento della popolazione insieme con l’aumento della prevalenza delle patologie croniche ed invalidanti; mancato finanziamento per l’acquisto di ecografi, spirometri ed elettrocardiografi che consentono la diagnostica di primo livello e la realizzazione della tele-medicina (il Governo ha stanziato 250 milioni di euro a tale scopo , dove sono?); mancato finanziamento per l’assunzione di personale infermieristico e amministrativo che consentono una medicina di complessità crescente e una presa in carico sempre più mirata ai bisogni della popolazione».

«Nel 2019 l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) ha individuato i “punti di debolezza” delle cure primarie in quattro aeree: risorse, organizzazione, incentivi, valutazione – spiega ancora il Dott. Delvecchio – Non ci sottraiamo alla valutazione ma vogliamo che siano rispettati tutti i parametri. Il nostro vuole essere un grido di allarme rivolto ai decisori politici e soprattutto ai cittadini. Pure consapevoli dei nostri limiti assicuriamo cure primarie a tutti in un sistema di prossimità e in un ambito di scelta fiduciaria che è esempio per ogni Paese civile. Rappresentiamo e difendiamo  un sistema sanitario uguale per tutti, solidale ed universale. Per tutto questo protestiamo e non per altro, accendiamo una candela per ottenere un faro sulle politiche sanitarie. Se muore la Medicina di Famiglia muore il Sistema Sanitario Nazionale».