Un nuovo welfare pubblico, una migliore riorganizzazione del sistema sanitario nazionale pubblico e privato ma anche universale e inclusivo, in grado cioè di dare delle risposte al grande tema dell’invecchiamento della popolazione. Il segretario generale dello Spi Cgil Bat, Felice Pelagio, spiega da dove ripartire dopo la fase più critica dell’emergenza sanitaria, un momento drammatico da cui imparare perché ha colti tutti “impreparati”. Nessuno conosceva bene gli effetti e conseguenze devastanti della diffusione del coronavirus, che hanno inciso sulla vita sociale ed economica del Paese e sulla salute pubblica. «Stiamo lentamente riprendendo il nostro vivere quotidiano, verso una vita che sembra normale. Finalmente, dopo l’apparente calo dei contagi, di cui tutto sommato sembra che i numeri del Covid-19 stiano rientrando nell’alveo della normalità, dobbiamo cominciare a pensare su come meglio organizzarci, a partire proprio da quel Sistema Sanitario pubblico e privato accreditato e dalle sue relative strutture i cui fari sono stati accesi per oltre tre mesi evidenziando perplessità e difficoltà».
Per Pelagio c’è la necessità di «una sanità pubblica, con relativi servizi socio sanitari e socio assistenziali, più attenta e capace nel dare risposte efficaci a bisogni individuali e collettivi, ottimizzando tutta l’esperienza che ci hanno visto, purtroppo, anche se da casa, spettatori e nel contempo testimoni delle tante morti silenziose di anziani/e, pensionati/e, che oggi non ci sono più. Una strage silenziosa, un momento drammatico da cui è emersa, in modo esponenziale durante i primi mesi dell’emergenza, l’assenza di una politica sanitaria e assistenziale, in cui si tentava di reagire correndo ai ripari attraverso l’improvvisazione e il fai da te, in cui spessissime volte si intravedevano ritardi in tutto il Sistema Sanitario».
«Siamo convinti che serva ripensare ad una nuova progettualità, una rivisitazione a partire da una maggiore attenzione proprio alla terza età e dalle criticità emerse in alcuni luoghi sanitari, di prevenzione ma anche della rete ospedaliera. Rsa e Rssa che sono diventati purtroppo focolai di diffusione del virus, in cui la politica non poteva che prenderne atto di una esperienza che negli ultimi anni ha fatto solo tagli soprattutto nella sanità pubblica. Nella Bat, dunque, insistiamo nel sollecitare le Istituzioni, a partire dalla Asl, a rivedere e prevedere percorsi, investendo maggiori risorse negli ospedali di Andria, Barletta e Bisceglie e riqualificando quelle strutture che sono state oggetto di dismissioni e poi riconvertite, come Trani, Canosa, Minervino e Spinazzola, comunità caratterizzate da un’utenza sempre più anziana e che necessita di servizi territoriali adeguati alle necessità della popolazione: i dati Istat riportano che su 140 anziani ci sono 100 giovani».
Nel 2019 il 66,6% della popolazione è compresa fra i 15 e 64 anni, mentre gli ultra 70enni sono circa il 20 %. Dati che spiegano bene la presenza degli anziani/e nella Bat. In alcune realtà gli anziani rappresentano la maggioranza della popolazione e se non si garantiscono servizi sanitari e socio sanitari adeguati, c’è il rischio che la stessa comunità si riduca drasticamente. «E’ un pericolo pensare di poter lasciare questa fascia di popolazione al proprio destino, se non vi è un potenziamento dei servizi di medicina territoriale e di domiciliarità, che possano garantire e favorire un buon invecchiamento sociale. Gli ingenti investimenti previsti sul nostro futuro dovranno significare maggiore sicurezza e welfare, salvaguardando così le fasce più povere della popolazione e loro famiglie; questo potrebbe comportare meno sofferenza delle persone. Adesso non resta che impegnarci sulla ripresa o come dice qualcuno, al ‘rilancio’, rafforzando le tante attività economiche e i servizi, che vanno rivisitati eliminando inefficienze e inadempienze con l’obiettivo di contribuire a migliore la nostra vita pubblica e privata ma anche il sistema e le tutele sociali, le cui ricadute hanno messo a nudo le tante fragilità degli anziani, dei non autosufficienti, indigenti, oltre ai livelli di prestazione medica, infermieristica e delle tante altre figure professionali indispensabili e competenti in materia sanitaria e assistenziali», conclude Felice Pelagio, segretario generale Spi Cgil Bat.