«In questi mesi si è più volte discusso se il caldo estivo potesse influenzare in senso positivo la riduzione del contagio da coronavirus. Più opinioni sono state espresse da vari infettivologi, poltronisti televisivi tuttologi, epidemiologi dell’ultim’ora, e nella maggior parte dei casi, la risposta è stata negativa. Anzi le risposte sono state le più varie e spesso hanno incrementato ulteriori dubbi ed incertezze. Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza su un argomento in cui sicuramente certezze non si possono avere». Interviene così, in una nota, il dott. Giancarlo Cannone (Ufficio Igiene Andria), per fare chiarezza sulla correlazione tra caldo e coronavirus.

«Quando si parla di caldo estivo e coronavirus si fa un po’ di confusione. Il caldo, inteso come calore, uccide i virus in generale ad una temperatura intorno ai 90° gradi centigradi.
È quindi evidente che il caldo estivo non può uccidere il coronavirus o influenzare il suo ciclo vitale. Si è anche ipotizzato che il caldo estivo possa influenzare positivamente il contagio perché ci sarebbe un maggior distanziamento sociale. Questa ipotesi è veramente singolare, se si pensa che l’estate è il momento in cui c’è più aggregazione, anche se in ambienti esterni. Ciò andrebbe in contraddizione con tutto quello che abbiamo raccomandato e fatto fino ad adesso: distanziamento anche nei luoghi esterni.

Si è ipotizzato che le goccioline di saliva, meglio conosciute ormai come droplets, che emettiamo quando si tossisce, si starnutisce ma anche quando parliamo normalmente, con il caldo perderebbero la loro componente acquosa e si “essiccherebbero” prima di poter contagiare un individuo. Questa è un’altra ipotesi inverosimile se si pensa a quale velocità viaggiano le goccioline di uno starnuto.

Si è inoltre evidenziato che, siccome durante l’estate ci sono meno infezioni del tratto bronco-polmonare, questo potrebbe diminuire il contagio. Ma il coronavirus non “bada” alle infezioni broncopolmonari ed infetta chiunque.

Allora il caldo non fa niente? No. Bisogna intendere il caldo come irradiazione solare.
Non è il caldo che influenza il ciclo vitale del virus, ma sono i raggi ultravioletti del sole che destabilizzano il virus. Tutti i virus ed in particolare i coronavirus sono sensibili ai raggi UVB del sole. Durante la stagione estiva, in particolare da giugno ad agosto il sole, alla nostra latitudine, splende ed irradia per molte ore la nostra superficie terrestre, distribuendo raggi UVB molto potenti. Questi possono destabilizzare la struttura del coronavirus ed influenzare il suo ciclo vitale, rendendolo meno contagioso e virulento.

Ci potremmo aspettare quindi, in questi mesi estivi, un calo notevole dei contagi e soprattutto una malattia diversa, meno aggressiva e con meno complicazioni.
Probabilmente sarà inverosimile, durante il periodo estivo, una seconda ondata di contagio.
La speranza è che il coronavirus, come è successo per la SARS, dopo l’estate perda il suo potere di contagiosità e di aggressività; se ciò non dovesse accadere e se dovessero permanere focolai quiescenti in Italia od attivi, soprattutto nell’emisfero australe, allora una seconda ondata è verosimile che avvenga da ottobre in poi, quando l’irradiazione solare diminuisce e con essa l’azione dei raggi UVB.

Occorre quindi mantenere la massima allerta, anche in questo periodo estivo, ed essere prudenti nello smantellare presidi ed ospedali COVID. In questo momento, penso, è un’operazione improvvida che va evitata».