«Signorotti del paese» li ha definiti monsignor Domenico Marrone, parroco della chiesa di San Ferdinando Re, durante l’omelia pronunciata dal sagrato della parrocchia in occasione della festa patronale di San Ferdinando di Puglia, per indicare: «le persone che detengono o manovrano le sorti della ricchezza del paese, concentrata soprattutto nel settore agro-alimentare. Individui che devono essere emarginati. Chi oltraggia la convivenza sociale col malaffare e la furbizia deve sperimentare la riprovazione sociale e l’isolamento». Secondo il parroco a pagare le spese dell’agire di questi signorotti sono: «gli onesti che restano sempre in silenzio, cioè quel gruppo di cittadini appartenenti al ceto medio, professionisti, lavoratori che si guadagnano il pane col sudore della propria fronte e che oltre alla chiacchiera da piazza o del lamento come semplice sfogo non sono capaci di prendere nessuna iniziativa per fronteggiare le angherie a cui spesso vengono sottoposti. Un silenzio che ha avviato un processo di anarchia morale». Don Mimmo, come lo chiamano tutti, a ogni festa patronale con le sue parole spara un colpo per scuotere le coscienze dei sanferdinandesi affetti, a suo dire, dal «dilagare della stupidità. Una superficialità e mediocrità che si riversa sui social media». L’anno scrso il tema dell’omelia è stato il mafiofondismo, inteso come la presenza della mafia nella gestione dei commerci agricoli, un fenomeno che secondo il sacerdote: «esiste ancora».

Il popolo della cittadina ofantina è un popolo sofferente, il monsignore lo ritrae come: «un popolo gemente che stenta a liberarsi in volo come un’aquila ma ama ancora sguazzare nelle aie della mediocrità e che invoca san Ferdinando – santo protettore che dà il nome alla città – come suo invincibile difensore». Il parroco ironizza sulla condizione sociale da lui descritta, partendo dalla statua del santo rappresentata a bocca aperta come se avesse già previsto il futuro poco felice che avrebbero vissuto i suoi fedeli. «Mi sono sempre interrogato – ha concluso Marrone – sul perché lo scultore Scalzano da Napoli avesse voluto raffigurare il santo a bocca aperta. Forse ha voluto consegnarci in questo particolare iconografico un presagio di quel sentimento di sbigottimento che la nostra comunità avrebbe suscitato lungo i secoli. Facciamo che d’ora in poi San Ferdinando non possa più chiudere la bocca nei confronti dei sanferdinandesi perché andrà fiero del fatto che avremo vinto la stupidità con la cultura, la furbizia con la passione per la moralità e il silenzio con il coraggio della denuncia. Mi raccomando sanferdinandesi: testa alta, schiena dritta e cuore grande».