In tempi meno sospetti rispetto a quelli contemporanei che stiamo vivendo, quando Marco Ferradini scriveva e cantava il suo Teorema sul rapporto di coppia al consiglio dell’amico di prendere una donna e trattarla male per farsi amare, faceva immediatamente seguito la risposta nel verso successivo di disappunto dell’interlocutore che chiaramente sottolineava quanto il suggerimento fosse il risultato di una ferita d’amore. Mai il cantautore e nessuno di noi avrebbe potuto immaginare quanta violenza potesse nascondersi dietro l’alibi di un amore folle e sconsiderato. Folle appunto, privo di logica, governato da un istinto ferino. Un amore che amore non è se non amore di un uomo per se stesso, necessità di possedere, egoismo e brutalità. Disvalori che, combinati alla rabbia, accecano generando violenza. Quel che più fa paura è che di pari passo col il progresso tecnologico e scientifico sembra invece che i rapporti sociali e affettivi stiano subendo un regresso, procedendo tragicamente in controtendenza. La situazione della donna oggi in Italia è allarmante: perde terreno nel lavoro, nei diritti, in temi come quelli dell’aborto e nella violenza. I femminicidi sono tanti e sempre in aumento. Centosedici donne uccise da mariti, fidanzati, compagni o altri familiari. Una ogni tre giorni. Sara, bruciata viva dal suo ex in una strada della periferia di Roma, Gloria che si era innamorata di un ragazzo molto più giovane di lei, Vania, l’infermiera massacrata dal suo uomo. E poi Fabiana, Rosaria, Rosamaria, Stefania, Giulia…L’ultima si chiamava Elizabeth, era peruviana, aveva 29 anni. È stata strangolata in casa alla periferia di Monza dal suo convivente di 56 anni, un italiano che ha subito confessato. L’ha uccisa davanti ai due figli di lei: la sua colpa era sempre la stessa, voleva lasciarlo e lui non poteva accettare questo “affronto”.

Centosedici i casi dall’inizio dell’anno, nel 2015 il tragico bilancio si era fermato a quota centoventotto. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740: 1.251 (il 71,9%) in famiglia, e 846 di queste (il 67,6%) all’interno della coppia; 224 (il 26,5%) per mano di un ex. Lo studio dell’Eures, l’Istituto di ricerche economiche e sociali mette in luce una vera e propria strage. Nel periodo 2005-2015, secondo i dati dell’Eures, gli omicidi avvenuti nell’ambito di una coppia hanno avuto nel 40,9% dei casi un movente passionale, e nel 21,6% sono stati originati da liti o dissapori. Le armi più utilizzate per uccidere sono state quelle da taglio (32,5%) e da fuoco (30,1%) mentre nel 12,2% dei casi i killer hanno fatto uso di “armi improprie”, il 9% ha strangolato la vittima e il 5,6% l’ha soffocata. Quest’anno il 53,4% dei femminicidi (62 donne uccise) si è registrato al nord e il 75,9% in ambito familiare. Al sud il dato scende a quota 31 (26,7%), al centro a 23 (19,8%). L’età media delle vittime è di 50,8 anni, gli uomini sono il 92,5% dei killer.

Accanto al perpetrarsi della violenza fisica a danno delle donne, non bisogna dimenticare quella psicologica e in questo caso il reato di stalking merita un’analisi ad hoc, analisi realizzata dall’Istat e che svela dati per nulla rassicuranti. Sono 3 milioni e 466mila in Italia le donne che hanno subito stalking da parte di qualcuno nell’arco della propria vita, il 16,1% del totale delle donne tra i 16 e i 70 anni. Di queste, 2 milioni e 151mila sono le vittime di comportamenti persecutori da parte dell’ex partner. Nel corso dei 12 mesi analizzati dall’Istat (nel 2014), le vittime da parte di ex partner sono state 147mila, 478mila quelle che lo hanno subito da altre persone. Il 78% di coloro che hanno subito stalking, quasi 8 su 10, non si è rivolta ad alcuna istituzione e non ha cercato aiuto presso servizi specializzati. Solo il 15% si è rivolto alle forze dell’ordine. Percentuali preoccupati e che la dicono lunga sulla difficoltà ancora delle vittime a denunciare, probabilmente perché temono le reazioni dei partner o perché non si sentono abbastanza tutelate o peggio ancora perché il più delle volte i loro aguzzini fanno leva sul senso di colpa, facendole sentire responsabili per cui parte e causa del problema nella relazione. Ovviamente, non c’è nulla di più sbagliato del rimandare una denuncia per il timore di ripercussioni o perché ci si sente dalla parte del torto o addirittura sperando che l’atteggiamento violento del partner sia un’eccezione e che prima o poi il proprio uomo cambierà. Ancora, quando si parla di violenza non si può non prendere in considerazione anche il dato dei minori maltrattati. Dato reso noto proprio a Bari – in particolar modo per quanto concerne la situazione in Puglia che riflette in scala ridotta comunque il preoccupante quadro nazionale – in occasione di un convegno sulla prevenzione e il contrasto alla violenza su donne e minori. Secondo quanto emerge dall’indagine regionale sono il 23,9% le bambine vittime di violenza contro il 19,25 valore che indicata i maschi maltrattati. È evidente che le bambine adolescenti sono più esposte al rischio violenza.

Insomma, a più livelli e trasversalmente i dati relativi alla violenza perpetrata ai danni di donne e minori sono tragicamente preoccupanti e ancor più doloroso è apprendere che il peggior nemico si nasconde sempre tra le pareti domestiche, tra familiari, parenti o amici stretti e quasi mai il carnefice – salvo che in rari casi – ha il volto di uno sconosciuto, situazione che rende ancor più difficile non solo la scoperta di situazioni violente ma anche e soprattutto l’identificazione e la consecutiva denuncia del carnefice da parte delle vittime. A questo proposito si fanno sempre più urgenti e necessarie le campagne di informazione e di sensibilizzazione al fine di garantire una presenza importante solidale e diffusa a difesa delle vittime su tutto il tessuto sociale affinché il fenomeno della violenza su donne e minori possa essere adeguatamente contrastato e le percentuali sempre più ridotte allo zero.  Pertanto la giornata contro la violenza sulle donne si pone precisamente in questo solco d’azione con la speranza che gli appuntamenti, gli eventi, gli incontri previsti su tutto il territorio nazionale per far luce sul problema urgente, nel tentativo di debellarlo, non lascino il tempo che trovano e non si esauriscano nelle 24 ore della ricorrenza ma che servano a tracciare linee di intervento che possano andare oltre nel tempo, fino a consolidarsi, trasformandosi in soluzioni possibili e soprattutto di contrasto alla violenza .